sabato 31 luglio 2010

summer interior

Edward Hopper - Summer Interior



Gli spazi tra le righe.


Sono i più preziosi per riuscire a leggere la verità.


Forse per questo amo tenere le imposte accostate nei giorni di sole.


Per poter leggere nella penombra del muro le tracce di luce che illuminano infiniti granelli di polvere.


Come infinite domande e risposte che si inseguono.


Ala ricerca di una verità che non è mai unica.

giovedì 29 luglio 2010

illusionismo


Coltivare i sogni come fossero giardini, innaffiando ogni desiderio con lacrime di gioia.


Affrontare i propri lutti, fallimenti, sorrisi venuti male, con distacco. Per non farsi tirare giù nella stessa terra.


Seppellire infine quello che va seppellito, per poter mutare il veleno in medicina.


E guardare il cielo per intuire il colore di un nuovo paio d'ali.


venerdì 23 luglio 2010

l'essenziale


Via via che gli anni passano le mie necessità diminuiscono.

E questa è sicuramente una gran fortuna. A cominciare dalle cose più banali.

Piccole abitudini quotidiane che si sono perse per strada.

In cima alla classifica è ovvio ci sono i beni materiali: dall'auto alle scarpe mi posso spogliare quasi di tutto, bicicletta ovviamente esclusa.

Sul cibo mi rendo conto che vado a periodi. Per esempio in questo periodo non posso vivere senza mele, mentre per fare a meno del cioccolato mi tocca nasconderlo nei posti più disparati facendo affidamento sulla mia cattiva memoria. Certo quando le carenze affettive si fanno pressanti non mi resta che cercare conforto in una buona tavoletta. Magari di un certo pregio, in modo da approfondire le mie conoscenze sull'argomento: ieri ho scoperto che il cioccolato Apurimac può energicamente sublimare le mie carenze. Per un giorno o due però, non di più.

Ed è qui che si arriva alla lista per forza di cose più fluttuante, anzi direi evanescente. Essa tratta di sentimenti, emozioni ed altri connessi. E' una lista piuttosto ingombrante, a volte imbarazzante.

Per questo la terrò per me sola.


giovedì 15 luglio 2010

punto di vista deluxe

foto TAXAndrew

Dire deluxe è dire poco. Anzi direi che in questo caso è fuori luogo.

Molto chic sarebbe più appropriato ma forse non esprime l'estrema sobrietà del luogo.

Fresco. Silenzioso e pulito.

I pavimenti devono essere repellenti alla polvere perche anche a scoparli con la massima cura non mi riesce di tirar su quasi nulla. Persino gli zerbini sono immacolati. Questa mattina presto, quando ancora non c'era nessuno in giro, li ho levati per vedere se almeno sotto c'era qualcosa. Nulla. Pulito.

Non capisco davvero. Certo sono ben al corrente che chi passa di qui non viene dal campo, ma ora comincio a sospettare che abbiano le suole delle scarpe moquettate, e che i tappetini delle loro auto nascondano in realtà potenti aspirapolvere.

Non mi resta che accomodarmi in guardiola e occuparmi dei miei pensieri.

In questi giorni c'è un ronzio che non mi da pace, qualcosa che non riesco a capire, che mi provoca mille domande incapaci di ottenere risposte.

Si, questo è il dato più frustrante. Non riuscire a concludere un ragionamento, non riuscire risolvere un quesito. Restare lì, con la testa sempre su quell'unica pagina che non vuole essere voltata.

Allora guardo fuori, al di là della strada.

Metto a tacere il cervello e lascio che la fantasia mi apra le porte del giardino di fronte.

Così posso camminare a piedi nudi sull'erba perfetta e freschissima conversando con gli incredibili fenicotteri rosa.

Loro sanno essere dei grandi ascoltatori e alla fine mi fanno una sola raccomandazione:

"Non fare domande se non sei in grado di accettare le risposte."


martedì 13 luglio 2010

a scuola dal fiume


Almeno una volta l'anno, quasi sempre d'estate anche se a volte non mi lascio sfuggire qualche piccola sessione invernale, cerco di frequentare la scuola del fiume.

Magari cambio fiume, spaziando dal Ticino al Trebbia passando dall'Adda.

E' comunque Fiume, le cose che insegna non cambiano.
E' educazione di base. Essenzialità.

Non altrimenti si potrebbe dire dei Mari.

Si, certo. Anche il Mare insegna, spesso incide nel profondo le sue lezioni. Ma è un'altra materia.

Così comincio ad osservare: l'acqua che lo abita. E' acqua, è Fiume, eppure non è mai la stessa, è il principio dell'impermanenza che governa ogni aspetto della vita.

Ma accanto a rivelazioni così impegnative ce ne sono tante altre più leggere.

Per esempio, a nuotare controcorrente spesso non si procede. Però se ti impegni puoi mantenere la posizione, puoi resistere senza farti travolgere. E solo questo piccolo fatto è capace di consolidare la tua autostima.

Poi ci sono i sassi sul fondo. Ognuno di loro possiede un lato nascosto. Un lato buio.

Ai sassi grandi invece ti ci puoi appoggiare e approfittare così di un differente punto di vista.

Ma il motivo principale per cui, anche quest'anno, ho avuto bisogno di andare a scuola dal Fiume è l'Arte dell'Aspettare.

Non ero certo io la sola allieva. Una domenica ho visto un signore che è restato tutto il giorno su un isolotto in mezzo al Trebbia con due sdraio perfettamente equipaggiate di asciugamani. Se ne stava lì buono buono. Aspettava.

L'ho visto andare via nel tardo pomeriggio. Ha ripiegato le sue due sdraio e se n'è andato. Da solo.

Io non sono certo così virtuosa.
Basta un nulla a distrarmi e dopo un po' mi stufo e mi butto in acqua.

Mi sa che che anche quest'anno mi toccherà ripetere.


mercoledì 7 luglio 2010

EQUILIBRIO URBANO


Le 7 e 33. Con tre minuti di ritardo mi scaravento giù per le scale.

Carico la bici, il lucchetto fa i capricci. Poi si arrende.

Fuori dal portone, sta passando il tram. Prendo il marciapiede.

Piano fino a via del Pollaiuolo. Poi scendo in strada e accellero.

Freno, c'è il camion della nettezza nel mezzo. Non riesce a passare, c'è un macchinone in seconda fila. Ringhio e risalgo sul marciapiede. Costeggio la scuola fino all'angolo, scanso i bambini, scanso le mamme, suono piano, chiedo scusa, sorrido.

Poi ancora giù in strada, pigio sui pedali. Via Confalonieri il cantiere. Camion che fa manovra. Cerco di salire sul marciapiede ma c'è una macchina sul passo. Mi fermo aspetto. Ecco si riparte, mi infilo a destra e guadagno l'incrocio. Pedalo, pedalo, pedalo. Il semaforo di Melchiorre Gioia è verde. Devo stare attenta a non farmi stringere sulla destra. Attraverso e giro sulla ciclabile, non prima di aver buttato l'occhio al display del Centro Direzionale che mi segnala le 7 e 42 per 27 gradi. Ah, ecco. Mi pareva che fosse più fresco.

Vado avanti, risalgo Melchiorre Gioia, poi mi butto giù a sinistra verso il sottopasso ma non lo prendo e risalgo sul marciapiede, per fortuna deserto, fino al Fatebene. Le 7 e 46, ho recuperato due minuti. Attraverso il piazzale in diagonale. Il pavé mi scombussola anche l'ultimo neurone e rischio seriamente di essere arrotata. Ma, penso, davanti all'ospedale è comodo.

Rido della mia stupidità e sono già sui Bastioni che arranco mettendo doppia forza in ogni pedalata per neutralizzare la salita.
Porta Venezia.

Pedala, pedala, pedala. Sto accostata sulla destra, suono tutti e due i campanelli per evitare portierate in faccia. Un furgone suona e mi fa cenno di stare più a destra. Lo raggiungo al semaforo solo per dirgli "scusami se esisto", sorrido a denti stretti e attraverso Cinque Giornate a tutta birra con il solito pavé che mi shakera fino al midollo e con la coda dell'occhio vedo che l'orologio sull'angolo segna le 7 e 56. Alla Rotonda non ho nessuno dietro e mi fiondo sulla sinistra, il semaforo è verde, giro. Attraverso Monte Nero, il pavé ora mai non mi fa più nulla. Imbocco via Bergamo, pedalo nello spazio tra le rotaie del tram e le macchine posteggiate. Fischio e scampanello ad una macchina che vorrebbe uscire dal posteggio, giro a destra sul marciapiede, gli ultimi metri e sono in piazzale Libia. Palo, catena, borsa. Apro il portone, apro la porta. Raggiungo la postazione. Sono le 7 e 59 e io sono in anticipo di un minuto.

Adesso posso cominciare la mia giornata di lavoro. Bella fresca!
Dedicato a Federico e Gian Luca,
senza le cui cure il mio equilibrio sarebbe molto più precario...
EQUILIBRIO URBANO è in Via Carmagnola angolo Via Pepe, a Milano (Isola)

martedì 6 luglio 2010

suoni


Silenzio. Caldo, si. Ma se sto ferma non lo sento.

Poi all'improvviso un suono. Gentile. Ma che cos'è? Da dov'è arrivato?

Forse l' ha generato il mio cuore stesso, commosso dalla purezza di certi istanti solitari.

Poi a quel suono se ne aggiunge un altro, e un altro ancora. Potrebbero essere campanelle o meglio sonagli, appena scossi dal vento.

E così, suono dopo suono è una musica quella che si sta creando.

Come la vita.

Emozione dopo emozione fino a creare un tessuto. Un tessuto armonico.

Ascolto meglio. Non sono note a caso generate dal vento. Ci deve essere una mano dietro a tutto ciò. Forse solo un bambino con uno xilofono, forse un musicista. Comunque un anima.

Io me ne approprio come fosse un regalo. Solo per me.

sabato 3 luglio 2010

il mare in una stanza


Consumo il mio sabato nella penombra accaldata della casa.

Restare in verticale senza il conforto di un condizionatore o delle pale è veramente una faticaccia.

Ma non mi lascio abbattere.

Riempio la vasca di acqua fredda, appena condita da qualche goccia di essenza di rosa, e ogni tanto mi immergo.

Ovviamente la fantasia deve fare la sua parte e chiudendo gli occhi mi concentro per sentire gli scogli nel bordo della vasca e la sabbia sotto ai piedi.

Dall'altra stanza arriva il suono del sax a fare la sua parte, e io vedo perfettamente nel controluce della finestra, la sagoma del saxofonista intenta a far parlare il suo strumento.

Certo son palliativi. Questi come altri che mi passano per la mente. Ma intanto la temperatura corporea si è abbassata e l'energia comincia a risalire.

venerdì 2 luglio 2010

green viewpoint


Ecco che il venerdi compie la sua magia e il palazzo si svuota.

Complice, come si dice, la calura estiva.

Io me ne resto qui, nella fresca guardiola tra gli alberi. Posto davvero ideale per estraniarsi completamente e lasciare il cervello libero di sgambettare sul prato.

Oggi mi sembra tutto perfettamente chiaro.

L'ho fatto una altra volta.

Mentre blateravo circa la mia conquistata autostima prendevo a smontare la deliziosa costruzione che si andava definendo nel mio cuore.

Ancora una volta non ho creduto che qualcosa di incredibilmente bello potesse capitarmi.

Allora ancora una volta approfitto del pomeriggio estivo per andare a ripetizione dalla Regina Bianca che versandomi il té non può fare a meno di ricordarmi : "Talvolta mi è capitato di credere a ben sei cose impossibili già prima del breackfast."

E io ripeto a memoria: "Credere l'incredibile, osare l'impossibile."

Adesso si che che ho imparato la lezione.


giovedì 1 luglio 2010

equilibrismi


Fare il funambolo sicuramente non è mai stata la mia aspirazione.

Ma più vivo e più mi rendo conto che forse la mia strada non è altro che una corda tesa.

Qualche volta, quando mi sento più audace, do una sbirciatina di sotto. Così, giusto per controllare se la rete è al suo posto. Ma francamente non sono mai riuscita a vederla.

Quindi non mi resta che mettere un piede dietro l'altro, respirando profondamente e lentamente, sorridendo e assaporando tutta l'ebrezza dello stare perennemente in equilibrio.

Cercando in continuazione il mio baricentro esatto, senza mai restare immobile ma facendo la mia parte nel sottile movimento dell'universo.

Recentemente spostandomi in alta quota ho visto il fiume scorrere sotto di me, e riflessa nell'acqua ho potuto vedere la mia immagine avanzare sotto il pelo dell'acqua.

Allora ho capito che la rete c'è.

Ho capito che la mia rete sono io, e quando sono in buona armonia con il ritmo dell'universo è l'universo stesso che la tiene tesa.